O almeno lo farebbero se le loro famiglie non pagassero il canone RAI. In questo periodo avrete sicuramente notato le innumerevoli esortazioni che provengono da più parti per il pagamento di questa "quota d'abbonamento". Mi sono chiesto: ma se una persona non guardasse la RAI ma solo, per esempio, MTV, dovrebbe pagare comunque un abbonamento nei confronti di qualcosa di cui non usufruisce? Mi sono dunque lanciato in una serie di investigazioni sulla questione e ora sono in grado di rendere partecipi i miei lettori dei frutti della ricerca. Parto dal presupposto che la maggior parte delle informazioni giungono dall'ADUC, l'associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori, e che dunque parte o la totalità di queste informazioni potrebbe essere faziosa, perciò leggete con occhio critico quel che segue. Il punto fondamentale è che il canone, o abbonamento, RAI non è nè un canone nè un abbonamento, bensì una tassa che si versa allo stato e attraverso questi ANCHE alla RAI. La legge che inserisce questa tassa è un regio decreto del 1938 (e non ci fermiamo a parlare qui dell'attualità o meno di una legge scritta quando la televisione, in Italia, manco si sapeva cosa fosse) e il testo completo può essere trovato qui http://www.aduc.it/dyn/sosonline/leggienorme/legg_mostra.php?id=196845. L'articolo 1 della legge, quello che di fatto esprime la sostanza del discorso che a noi interessa, dice (cito): "Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento." Questo cosa significa? Che nel 1938 chiunque avesse una radio in casa, doveva pagare 81 lire per ogni casa in cui aveva una radio. Oggi significa che chiunque abbia una videocitofono o un videotelefonino deve pagare 107 euro per ogni casa che possiede. E fortunatamente non sono uno storico dell'economia perchè in caso contrario sono sicuro che mi spaventerei per quanto poco questo canone abbia seguito davvero l'inflazione. In conclusione al giorno d'oggi chiunque abbia anche solo un monitor in grado di trasmettere la tv (o un iPod, o un telefonino), il suo nucleo familiare deve versare questi soldi allo stato e alla RAI. Come sempre non mi pronuncerò sull correttezza o meno di questo. Colgo solo l'occasione per far notare che anche le Poste per esempio non pagano il canone RAI, pur non essendone esenti, nonostante tutti gli uffici presentino sicuramente almeno un computer. Però invece di cambiare la legge in modo razionale si preferisce non applicarla nei campi in cui è scomodo farlo, come quello delle Poste appunto, e invece accanirsi sui consumatori comuni come noi, con visite della Guardia di Finanza e lettere di minacce giudiziarie.
martedì 27 gennaio 2009
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