Un po' di tempo fa, eccitatissimo all'idea dell'uscita di Max Payne 3, scrissi che una volta sviscerato il gioco ne avrei parlato qui sul blog. Terminatolo, però, l'entusiasmo era ormai scemato. Non che fosse brutto, intendiamoci, anzi, come tutti i giochi firmati Rockstar si tratta senza dubbio di un capolavoro di giocabilità e sfoggia una grafica di prim'ordine (doveva pur giustificare i TRENTACINQUE gb necessari per installarlo!), sfruttando il motore grafico RAGE - quello di GTA 4 per intenderci - tirato a lucido e che mostra i muscoli all'Id Tech 5 - il motore grafico di Rage dell'Id, non facciamo confusione, e del prossimo, si spera, Doom 4 - e forse vince anche il confronto grazie all'uso sapiente dei filtri, uno retrò per i flashback e uno sporco e sfocato per rappresentare la vita attuale di Max, segnata di alcool e antidolorifici ancora più che in passato. Anche la modalità multiplayer pare accattivante e abbastanza bilanciata, con l'ormai onnipresente sistema di classi personalizzate e perk lanciato da Call of Duty. Tuttavia, giocandolo, shoot dodgiando fra le stradine delle favelas e le vetrate di grattacieli ipertecnologici del Brasile ricco in cui si dipana la storia non banale, anzi, spesso sconvolgente, di violenza e intrighi che i ragazzi di Vancouver hanno architettato, la sensazione che qualcosa mancasse, che non fosse come rincontrare una antica amante dopo 9 anni e trovarla solo un po' cambiata, ma che fosse proprio un'altra persona, magari che assomiglia al nostro vecchio amore ma non ci dà le stesse emozioni (pur dandocene altre, s'intenda), è forte. Manca il tocco di Remedy, manca lo stile tormentato di Sam Lake dietro la macchina da scrivere. Mi è mancata la magia che mi ha fatto amare alla follia i primi due capitoli e quasi piangere sulle note di Late Goodbye durante i titoli di coda del secondo. Quindi cosa c'entra l'Alan del titolo? Beh, due anni fa, in esclusiva Xbox 360, Remedy ha lanciato una nuova saga, quella di Alan Wake, appunto. Solo quest'anno, finalmente, il gioco è sbarcato anche su pc, e, deluso (anche se, ancora una volta, cerco di enfatizzare il punto che la delusione che ho provato nei confronti di Max Payne 3 non è stata una delusione legata al gioco in sè, come quando ho visto al cinema il primo film di Tomb Raider, ma più che altro una non appagante realizzazione delle aspettative su quello che avrei provato giocandovi) dall'ultimo capitolo dell'(ex) poliziotto noir più famoso dei videogiochi, mi ci sono gettato voracemente sopra. E devo dire che è stato entusiasmante. Il gameplay è discutibile, con l'impianto di uno sparatutto in 3a persona ma i controlli legnosi tipici dei survival horror (su questo punto è necessario essere chiari subito: il gioco, prima dell'uscita e, dai male informati, anche dopo è stato sempre presentato come un horror, ma, semplicemente non lo è. L'etichetta, affibiatagli da Remedy stessa, di "thriller psicologico", lo calza a pennello) ma, di fronte a tutto il resto, questo diventa davvero un problema minore. Giocando ci si ritrova a pensare "ecco, questo è il nuovo Max Payne". Perchè, aldilà delle evidenti analogie fra i due personaggi, l'aria, non l'atmosfera e le ambientazioni che da una Noir York City passano a un contesto molto vicino a quella del famoso telefilm Twin Peaks - cui il setting del gioco è chiaramente ispirato, che si respira è la stessa di 7 (9 ora) anni prima. Troviamo televisori e radio che se accesi raccontano una storia nella storia allo stesso modo degli ormai famosi Lords & Ladies o Address Unknown, e quella cura per una miriade di dettagli che potremmo quasi definire inutili, non avendo un impatto diretto sul gioco in sè, piccole note di colore su quello che ci sta intorno, che contribuisce a rendere vivo il mondo di Bright Falls (la cittadina fittizia in cui è ambientato il gioco) al di fuori dei confini della trama. Trama per cui vale la pena spendere due parole: essa è la colonna portante del gioco, senza dubbio, e la penna di Sam Lake non delude orchestrando una serie di colpi di scena e rivelazioni magistralmente centellinati che ci portano per mano fino alla fine del gioco senza volercisi staccare. Aiuta in questo senso anche l'originalissima impostazione da "serie tv" che i programmatori finlandesi hanno dato al gioco. La trama è narrata attraverso 6 episodi (più due special usciti solo successivamente che dovrebbero collegare questo titolo a un eventuale, e auspicabile, seguito) presentati in tutto e per tutto come un telefilm. Per ogni episodio abbiamo i titoli di testa e un "riassunto delle puntate precedenti" (Previously on Alan Wake...), l'immancabile cliffhanger finale - ma non è necessario aspettare una settimana per sapere cosa è successo, basta giocare l'episodio successivo! - e i titoli di coda con una canzone diversa per ogni episodio. La vicenda narra le disavventure dello scrittore di successo Alan Wake che, afflitto da due anni da un terribile blocco dello scrittore che lo ha portato sull'orlo della depressione, viene convinto dalla moglie a concedersi una vacanza nella ridente località montana di Bright Falls, dove ella spera che possa anche ricominciare a scrivere. Solo che appena arrivati qualcosa va storto, la moglie scompare e lui trova la pagina di un suo manoscritto che però non ricorda di aver scritto e che, in maniera profetica e terrificante, gli anticipa quello che da lì a poco succederà intorno a lui. Scrivere di più sulla trama di Alan Wake sarebbe davvero un delitto perchè la sensazione che dà una volta finito è paragonabile a quella che si prova al termine di un buon libro. Dunque l'unico consiglio è di giocarvi e farsi rapire ancora una volta dall'ennesima opera d'arte di Remedy Entertainment.